mercoledì 27 marzo 2013

Trapani città dei due mari


Ex Stabilimento Florio di Favignana - Trapani
Stabilimento florio
Trapani la 
Museo del Satiro danzante (Chiesa di Sant’Egidio)
Il Satiro
città di due mari, la provincia delle bellezze. Un territorio costellato da splendori naturali, storici ed artistici, tutti da visitare, tutti da ammirare. L’ex Stabilimento Florio di Favignana, il Museo Archeologico Regionale Baglio Anselmi, il Museo del Satiro e il Museo Civico della Prestoria del Basso Belice con sede nel Castello Grifeo. Solo alcuni dei posti che è possibile vistare per stupire e per restare incantati da cotanto fascino. 
 L’ex Stabilimento Florio si trova a Favignana, Egadi, in provincia di Trapani. È un posto attraverso il quale è possibile rivivere il passato della tonnara e di quello che rappresento per lo sviluppo dell’isola, un vero e proprio gioiello tramandatoci dal passato. È in questo posto che venivano custodite attrezzature, ancore e le barche della mattanza. Questo posto ebbe il pregio di diventare una delle più fiorenti industrie di lavorazione conserviere del tonno, ma oggi rappresenta anche storia della famiglia Florio

Museo Archeologico Regionale Baglio Anselmi 

Il museo Archeologico Regionale Baglio
 Anselmi si trova sul lungomare Capo Boéo, all’interno dell’area archeologica di Lilibeo (l’antica Marsala). Il Baglio Anselmi è una costruzione della fine 
del secolo scorso, nato come stabilimento vinicolo per la produzione del “Marsala”. Il museo espone il relitto della nave punica ritrovato nel 1971 nel tratto di mare al largo dell’Isola Lunga ed illustra la storia di Lilibeo e del territorio storicamente ad essa connesso, dalla preistoria al medioevo. 

Museo Satiro danzante

 Il Museo del Satiro è un meraviglioso posto, dove poter ammirare un vero e proprio capolavoro del passato che, dal momento del suo ritrovamento, ha arricchito esponenzialmente il patrimonio culturale siciliano. Il Satiro è una statua bronzea a grandezza naturale rappresentante un Satiro.È un’opera straordinaria del IV secolo a. C. che rappresenta un satiro che danza, con una meravigliosa testa, attraversata da un ventoso turbinio impalpabile, ma non meno efficace e vigoroso, che ne modella sia le sembianze anatomiche che la chioma. 

 Museo Civico della Preistoria del Basso Belice 

Chi adora la prestoria, le sue atmosfere, ama studiare quello che l’ha caratterizzata, si interessa di sapere come vivevano a quei tempi, non può perdersi il Museo Civico della Prestoria del Basso Belice con sede nel Castello Grifeo, Partanna. All’interno di questo Museo si trovano diversi reperti archeologici che risalgono al periodo del tardo- neolitico. Nel museo si trovano anche sei tele. Fra le opere d’arte appena citate spicca la pala di altare della “Madonna del Rosario” di Simon di Wobreck nel 1585 e che raffigura la Madonna tra i santi Domenico e Caterina. Questa tela fu commissionata da Eleonora Grifeo e Blasco Sala. Interessanti inoltre alcune tipologie di ceramica preistorica, vasi dello stile Naro-Partanna e del Campaniforme. Il percorso espositivo è corredato da interessanti pannelli didattico-esplicativi, utili per comprendere le conoscenze e le frequentazioni delle popolazioni preistoriche nel Belice, prima dell’arrivo dei Greci.

Castello Grifeo

Castello Grifeo a Partanna, Trapani - Sicilia
Castello Grifeo
Nella splendida e ricca di storia Partanna(tp) vi è uno dei castelli più belli dell’intera isola siciliana, Castello Grifeo. In origine questo maniero non aveva l’aspetto con il quale si mostra oggi. La storia di questo castello risale all’epoca in cui il Gran Conte Ruggero il Normanno conquistò Partanna e pose fine al dominio musulmano. Il Castello divenne residenza della famiglia Grifeo. Nove secoli di storia durante i quali questo Castello si è ampliato, si è abbellito e ha sempre rappresentato la Famiglia Nobile e la sua supremazia. Questa fortezza oggi è tra quelle meglio conservate di tutta la Sicilia Occidentale.Quando fu edificato correva l’anno 1400 e nel secolo XVII subì alcune modifiche e ristrutturazioni. Nel XX secolo il Castello Grifeo ha resistito al violento sisma che si è avuto nella Valle del Belice (1968) e che ha distrutto tantissime abitazioni e raso al suolo diversi paesi.Bello, fiero ed imponente, così si presenta oggi il Castello agli occhi dei visitatori. Una volta arrivati nel cortile si può accedere, al salone centrale “Sala del Trono”, all’interno del quale si trova lo stemma dei Grifeo, opera di Francesco Laurana artista che ha vissuto dal 1420 al 1503, che soggiornò qui nel 1468.

martedì 26 marzo 2013

Castello di Carini

Castello di Carini
Costruito tra il 1075 e il 1090, il Castello Carini è la principale location di un’antica leggenda. Si dice, infatti, che tra le mura di questo castello nell’anno 1563 si sia consumato un omicidio passionale: Laura Lanza fu uccisa, con il suo amante, dal marito e dal padre. Tutto ciò è stato raccontato ai posteri dal poemetto “L'amaro caso della baronessa di Carini". Successivamente il castello ha subito diverse ristrutturazioni, ad opera della famiglia Grua-Talamanca, che hanno mantenuto intatto il suo splendore. A piano terra una biblioteca, un tempo Salone delle Derrate, dove si possono ammirare due archi in pietra del XV secolo; al piano superiore, nel Salone delle Feste, si resta affascinati dal soffitto ligneo e dalle decorazioni gotiche. Da questo salone è possibile accedere alla torre. Inoltre, sul lato est del castello, è possibile visitare la stanza con un lavatoio in pietra di “Billiemi”, una graziosa cappella, con all’interno un bellissimo tabernacolo ligneo, e una statua in marmo della “Madonna di Trapani”.

mercoledì 20 marzo 2013

Coelho e i prodigi d'Empedocle Akragantino

Empedocle
Paulo Coelho in uno scritto intitolato “Colui che ferma il vento”, afferma, che Empedocle divenne noto come “colui che ferma il vento” poiché riuscì ad arrestare i venti che stavano portando la peste in una città. Il nome della città dove l’episodio avvenne è Akragante (l’attuale Agrigento) e che le cose non andarono precisamente come ha scritto Coelho, ma esattamente al contrario. Da diverse, autorevoli fonti antiche e moderne s’apprende che Empedocle,grande filosofo che fu anche uno dei più illuminati legislatori del suo tempo, per liberare la città dalla malaria fece tagliare, nella parte nord delle mura (fra le colline di Agrigento e di Rupe Atenea), un profondo ed ampio corridoio per far entrare il salubre vento di tramontana e così prosciugare le acque stagnanti che infestavano la sottostante vallata dove, allora, si stendeva Akragante, fino al mare. Qui, ora si trova la maestosa Valle dei Templi, “patrimonio dell’umanità” che l’attuale governo regionale vorrebbe far gestire a privati. Ma questa è un’altra storia. Fra i tanti studi fatti risulta che la profondità complessiva del taglio praticato da Empedocle venne a raggiungere da 80 a 100 metri. Insomma, un’opera ingegnosa e, per quei tempi, davvero colossale ancora oggi individuabile e per l’appunto chiamata “Vallo d’Empedocle”. Questo il fatto sul quale tutti gli autori concordano che può essere, dunque, accettato come vero e pertanto distinto dalla miriade di leggende fiorite intorno alla figura e alle opere di Empedocle. Come quella riportata da Diogene Laerzio nella sua “Vita d’Empedocle”, citata dal Caruso Lanza, secondo cui per liberare la valle dai venti di scirocco che “facevano imputridire i frutti ancora immaturi…Empedocle ordinò che si scuoiassero degli asini, delle pelli si confezionassero otri e si distendessero quegli otri sopra poggi e colline onde imprigionare i venti”. Forse Coelho, per avvalorare il presunto prodigio empedocleo è ricorso a questa sorta di leggenda metropolitana? A parte gli esiti altamente improbabili, c’è un altro particolare da evidenziare: per fermare l’irregolare vento di scirocco quanti asini ci avrebbero dovuto lasciare le cuoia?

sabato 16 marzo 2013

Sicilia centro del mediterraneo

La storia di Sicilia è storia mediterranea,dalla più remota antichità ad oggi, perchè la cultura di Sicilia è cultura mediterranea. C'è chi obietta che la Sicilia è latina, cristiana ed europea. Ed è vero. Questo assunto non può essere contraddetto e non vogliamo contraddirlo. Ma essere "mediterranei" non vuol dire non essere europei o cristiani o latini. Tutt'altro: il Mediterraneo è la Riva Sud, dal Magreb al Medioriente ma è anche la Riva Nord europea ed euroasiatica. Questo geograficamente. Le culture del bacino del Mediterraneo, poi, hanno oggi la caratteristica originale di essere europee e cristiane da un lato ed orientali ed islamiche dall'altro, diverse quindi, ma con elementi di identità e di somiglianza assolutamente innegabili. La Sicilia, poi, è il centro geografico del bacino e l'esempio più lampante di questa unità nella diversità. la Sicilia è stata grande quando è stato grande il Mediterraneo e che la decadenza del Mediterraneo ha coinvolto irrimediabilmente anche la Sicilia. La Sicilia araba, normanna e sveva ha avuto un ruolo, mai conosciuto prima e mai ripetuto dopo, di rilievo internazionale. E' stata Stato, con la sua Corte e i suoi diplomatici, è stata soggetto nel sistema di relazioni fra i popoli, è stata capitale di territori più vasti dell'Isola, ha assimilato e diffuso una cultura incomparabilmente più ricca di quelle allora presenti nell'attuale dimensione europea.  La sua vivacità culturale è rimasta e rimane, ma il ruolo di protagonista della storia e della cultura non è più tornato. Ci sarà una rinascita del Mediterraneo? Si se gli interessi neo-coloniali delle economie globalizzate non avranno successo nonostante la loro spaventosa forza economica e militare e se gli opposti integralismi che vogliono entrambi un nuovo disastroso scontro di civiltà saranno isolati. Difficile. Ma per avere qualche speranza di rivedere un grande Mediterraneo, magari con la Sicilia al centro, bisogna cominciare proprio dalla cultura. I tanti popoli, le diverse religioni e tradizioni devono riscoprire i tratti comuni e farli prevalere.

sabato 9 marzo 2013

Storia e lingua siciliana nelle scuole

De arte venandi cum avibus deluxe facsimile editionLa legge approvata nel Maggio del 2011 è culturalmente rivoluzionaria: il dialetto siciliano diventa materia d’insegnamento in Sicilia. I nostri studenti potranno acquisire elementi utile a capire la lingua,la storia,la letteratura siciliana e la grandezza della nostra isola. Il siciliano non è una lingua derivata direttamente dal latino, e costituì la prima lingua letteraria italiana. Anche l'UNESCO riconosce al siciliano lo status di lingua madre e lo inserisce tra le lingue europee non a rischio di estinzione. Alcuni studiosi, come Joseph Privitera e Ignazio Sucato, asseriscono che il siciliano sia la più antica lingua romanza. Il siciliano nelle sue varietà è correntemente parlato da più di 5 milioni di persone in Sicilia,oltre che da un numero imprecisato di persone emigrate o discendenti da emigrati delle aree geografiche dove il siciliano è madrelingua, in particolare quelle trasferitesi nel corso dei secoli passati negli USA (dove addirittura si è formato il Siculish, La ricchezza di influenze della lingua siciliana (greco, latino, arabo, francese, provenzale, tedesco, catalano, castigliano e italiano) deriva dalla posizione geografica dell'isola, centrale nel Mar Mediterraneo, visitata durante i millenni da molte delle popolazioni mediterranee dai cui idiomi ha ereditato il vocabolario e le forme grammaticali.

giovedì 7 marzo 2013

La Sicilia vista dall'arte

Vitaliano Brancati ne "dipinse" le sottili trame amosore, Leonardo Sciascia ne raccontò le segrete ingiustizie ma indiscutibilmente la Sicilia è sempre stata fonte di idee per grandi artisti che ne hanno delineato la morfologia culturale. Il cinema ha saputo ben descrivere quello che da tutti è ricordato come il geloso per antonomasia: nel "Divorzio all'Italiana" un focoso Mastroianni riccorreva al senso dell'onore per scagionarsi dall'omicidio della moglie dopo averla spinta più volte al tradimento. Luchino Visconti con il suo capolavoro "La terra trema" riadatta in una traduzione quasi testuale de "i Malavoglia" di Verga e Pier Paolo Pasolini orchestra la sua "Medea", interpretata da una splendida Maria Callas, ai piedi dell'Etna. Da un passato storico ad un continuo presente che pensa al futuro. Ma l'immagine della Sicilia è anche quella dei drammatici documentari di Sergio Zavoli. La Sicilia e i siciliani hanno dovuto così trascinare per molti anni la croce dell'ingratitudine. L'isola finalmente può contare su una rivalsa mediatica fatta di personaggi della cultura e dell'arte.Una nuova immagine non più filtrata attraverso la distorta visione di un tempo ma ad alta tecnologia e di sicuro contenuto culturale. Nei confronti di una regione minacciata da problemi di ogni genere, ci dobbiamo sentire orgogliosi e in dovere di elogiare,la caparbietà creativa ed intellettuale che la Sicilia infonde da secoli nella cultura italiana e mondiale. La cattiva pubblicità, infatti, che ha ostracizzato per molto tempo la terra di Pirandello, Quasimodo, Vittorini, Sciascia, Guttuso, etc etc etc, è stata anche la culla della cultura greca dalla quale i Romani hanno appreso la maggior parte delle arti nobili e dalla cui matrice ancora oggi attingono tutti avidamente.

martedì 5 marzo 2013

I mercati storici di Sicilia

Palermo la Vcciria

Il Cuoco siciliano era uno dei personaggi della commedia nell’antica Roma: quando i Galli si nutrivano di carne cruda ed erbe selvatiche, siculus coquus et sicula mensa venivano considerati sinonimi di grande raffinatezza nell’intero Mediterraneo. Oggi gli stranieri cercano di penetrare tutti i segreti della cucina isolana, ma solitamente, avendo ricevuto un diverso imprinting nell’infanzia, non riescono a cogliere tutte le sfumature di sapori cui i siciliani sono fortemente attaccati, facendo sdegnose orecchie da mercante ad ogni eventuale voce critica proveniente dalla scienza medica. Per fortuna, accanto ai fritti, c’è l’abbondanza della frutta e della verdura a salvarli da un sicuro tracollo fisico. Luoghi deputati per una visita guidata alla storia della Sicilia attraverso il cibo sono i mercati, dove tutti i sensi sono stimolati in una lussuria di colori e odori. Fin dall’epoca araba la città di Palermo fu interessata da un’espansione extra moenia (fuori le mura della città) che oggi occupa le aree dei due quartieri rispettivamente dell’Albergheria e del Capo. In entrambe le zone si svilupparono già allora dei mercati, seguendo la vocazione commerciale che la città ha sempre avuto fin dal tempo della sua fondazione come emporion fenicio. Cuore pulsante dell’Albergheria è il mercato di Ballarò. Una passeggiata fra le bancarelle di questi mercati può essere anche l’occasione per un’esplorazione nel passato dell’Isola, non quello dei grandi uomini e delle famose battaglie, ma quello degli uomini della strada che, esattamente come noi, dovevano nutrirsi ogni giorno e avevano le loro predilezioni e le loro debolezze. Con un uso di origine araba, la strada è letteralmente invasa da cassette di legno: contengono la merce che viene continuamente abbanniata; pochi ne comprendono il significato letterale, ma tutti sanno che quelle grida, cantilenate con cadenze orientali, intendono reclamizzare la buona qualità e il buon prezzo dei prodotti. Il termine Bucceria deriva dal francese boucherie che significa macelleria. Il mercato era infatti inizialmente destinato al macello ed alla vendita delle carni. Successivamente divenne un mercato per la vendita del pesce, della frutta e della verdura. Anticamente era chiamato "la Bucciria grande" per distinguerlo dai mercati minori."Vuccirìa" in siciliano significa "Confusione". Oggi, la confusione delle voci che si accavallano e delle grida dei venditori (le abbanniati) è uno degli elementi che, maggiormente, caratterizza questo mercato palermitano. È impossibile descrivere tutti gli odori caratteristici che pervadono il posto. All'interno della zona del mercato si trovano palazzi nobiliari ed opere d'arte quali il Palazzo Mazzarino, appartenuto alla famiglia del celebre cardinale,di cui ho scritto precedentemente, la fontana del Garraffello, palazzo Gravina Filangeri. Il mercato venne immortalato nel 1974 in un celebre dipinto di Renato Guttuso, la Vucciria di Palermo, oggi conservato a Palazzo Steri. L'allegra baraonda delle bancarelle è stata trasformata dal pittore bagherese Renato Guttuso in una fantasmagorica tappezzeria di odori e di colori: la Vucciria, dipinta nel 1974, nelle sue mani di artista e di poeta è diventata una metafora della terra di Sicilia e di tutti i suoi abitanti. Dal 1999 fino al 2007 l'artista austriaco Uwe Jaentsch ha realizzato numerose installazioni ed opere d'arte nella piazza Garraffello.

sabato 2 marzo 2013

Leonardo Sciascia e il Pci

Il rapporto di Leonardo Sciascia con il Pci, prima del partito radicale, fu per lui la forza politica di riferimento. Con questo partito, specie a livello siciliano, lo scrittore ebbe, una relazione lunga e intermittente che si romperà nella seconda metà degli anni ’70 quando, nel volgere di quattro anni, (1975-79) passò da consigliere comunale di Palermo eletto nelle liste del Pci a deputato radicale. L’elezione a deputato non gli aveva fatto superare del tutto il disagio verso la politica attiva. Nei suoi scritti Sciascia aveva mostrato un buon fiuto politico, ma non riusciva ad adattarsi al ruolo di parlamentare. O, forse, non desiderava adattarvisi. In Parlamento forse c’è andato,solo per far parte della Commissione d’inchiesta sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro. Leonardo Sciascia, pur essendo nativo di Racalmuto, centro minerario dell’agrigentino a cui rimase legato per tutta la vita, non ebbe molte frequentazioni col Partito e i dirigenti della provincia di Agrigento. Di più frequentò alcuni dirigenti e intellettuali comunisti di Caltanissetta (Giuseppe Granata, Emanuele Macaluso, Calogero Roxas, Gino Cortese, ecc) dove studiò e visse per un certo tempo. Sciascia, pur dichiarando una certa affinità d’idee col Pci, desiderava continuare a scrivere senza essere distratto dall’attività politica verso la quale non si sentiva portato. L’impegno di Sciascia, di Renato Guttuso e di altri intellettuali di sinistra e progressisti fu decisivo per scuotere il mondo della cultura, dell’Università e della scuola in genere che, per la prima volta, dopo il 1968, si schierava a difesa di una conquista laica, di civiltà, che rischiava di essere travolta. Probabilmente, Sciascia, cominciò ad avvertire una certa delusione rispetto alle attese e alle promesse di cambiamento fatte dai dirigenti del pc siciliano, il cambiamento dato per avvenuto in realtà era in gran parte di facciata, anzi di facce. Insomma, un po’ millantato dai dirigenti per indurlo ad entrare in lista a Palermo, per fare di Sciascia un bel fiore all’occhiello da esibire nelle riunioni romane e nei salotti buoni dell’intellighenzia di sinistra. Il rapporto fra Sciascia e il Pci, forse, andrebbe meglio indagato. Leonardo Sciascia nel 1979 è pluri - capolista alla Camera per i radicali. Sarà eletto in più collegi con una valanga di voti di preferenza. Il grande scrittore arriva, dunque, alla Camera nella veste di deputato radicale, accompagnato dalla stima generale anche da parte di tanti esponenti siciliani di quella Democrazia cristiana che lui accusava di contiguità col malaffare.

venerdì 1 marzo 2013

Scorreva sangue Siciliano nelle vene del re sole

Giulio Mazzarino
Argomento eccitante:da un'indagine sono affiorati alcuni indizi interessanti che avvalorerebbero l’ipotesi che il re Sole potrebbe essere stato il frutto della relazione fra Anna d’Austria, regina di Francia, (moglie di Luigi XIII) e il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino, geniale primo ministro francese dal 1643 al 1661, figlio della nobildonna romana Ortensia Bufalini e del palermitano Pietro discendente da una nobile casata originaria, secondo Giuseppe Ferreri , della città di Mazzarino, in provincia di Caltanissetta. Sulla sicilianità di Pietro non ci sono più dubbi: egli, infatti, nacque a Palermo (nel 1576?) e qui visse nel palazzo di famiglia, i cui resti fatiscenti si possono ancora vedere, fra cumuli d’immondizia e spaventose povertà, in piazza Garraffello, alla Vucciria, fino a quando non si trasferì a Roma, per motivi di lavoro, dove morirà nel 1654. Anche su quella del Cardinale, suo figlio, s’incontrano riscontri chiari nella memorialistica storica e perfino nelle famigerate “mazarinades” che i suoi avversari fecero circolare in Francia durante le guerre della Fronda secondo le quali Mazzarino era “il facchino siciliano”. Per il principe Condé, suo potentissimo nemico, era “il furfante di Sicilia”.Lo stesso Louis Saint-Simon, figlio di Claude il “favorito” mise in dubbio la nobiltà dei natali del Cardinale, ma non la sua origine siciliana:“i Mazarino erano della Sicilia, del Val di Mazara…” 

 Giulio Mazzarino: il più grande primo ministro di Francia

 Ma se all’estero questo dato era noto, seppure con una connotazione spregiativa, in Italia la gran parte degli studiosi l’hanno quasi ignorato. Taluni hanno parlato di cardinale “italiano” o “abruzzese” per via del fatto che egli nacque a Pescina il 14 luglio 1602- (che giorno presago per la futura storia di Francia!) dove donna Ortensia andò a partorire. Mai siciliano, anche se già il cognome era indicativo. Ora sia chiaro questa illustre sicilianità nulla toglie e nulla aggiunge al prestigio dei reali di Francia e, per altri versi, alla Sicilia. Semmai, i siciliani ne potrebbero ricavare un qualche motivo di compiacimento e, al contempo, d’amarezza poiché si confermerebbe la tendenza secondo cui l’Isola, per le vie dell’emigrazione, ha spesso donato al mondo i suoi figli migliori. In fondo, anche nel caso dei Mazzarino (Pietro e Giulio) di emigrazione si trattò, anche se di uno standard sociale altolocato. Così come stupisce il troppo indugiare sui quarti di nobiltà del Cardinale, quando Richelieu, personalità potente e navigata, senza troppo sottilizzare,strappò l’intraprendente Giulio alla cancelleria del Papato e ne fece il suo degno successore. In diciotto anni di geniale governo, Mazzarino si affermerà come il più grande primo ministro della Francia e dell’Europa del ‘600.