sabato 31 agosto 2013

Morgana ed il conte Ruggero

Morgana
Dalla costa calabra che da sullo Stretto di Messina si assiste, molto raramente in verità, ad un fenomeno ottico-meteorologico per cui la costa siciliana appare non solo ravvicinata ma anche riflessa al centro dello stesso mare. Quando questo fenomeno si verifica oltre alla costa siciliana riflessa nelle acque si vedono anche le case, le persone e gli alberi. Il fenomeno è visibile solo dalla costa reggina, quella che fu definita da D'Annunzio "il più bel chilometro d'Italia": un luogo magico, in grado di regalare ai fortunati passanti un vero e proprio incantesimo opera di una fata. È detto infanti della "Fata Morgana" o "Fata delle Acque" e viene abbinato a Morgana fata di Scin, figura celtica, sorellastra e amante di Artù che possedeva il dono dei giochi d'aria e d'acqua.
Molte sono le leggende fiorite attorno a questo raro e fascinoso evento ma quella più conosciuta, si riferisce a Ruggero il Normanno. Ruggero, un giorno di settembre dell'anno 1060, passeggiando solitario su una spiaggia della Calabria e guardando la costa peloritana meditava sul modo migliore per poter conquistare la Sicilia, allora occupata dagli Arabi che ne avevano fatto una terra ricca e prosperosa e quindi appetibile. Qualche tempo prima, alcuni cavalieri messinesi erano riusciti a raggiungerlo a Mileto e gli avevano esposto il desiderio della gente siciliana di averlo come liberatore e signore.Ciò non tanto perché gli Arabi si comportassero da usurpatori o tiranni della povera gente, anzi molto avevano fatto per la Sicilia, per renderla prospera e indipendente, ma perché ultimamente i loro Kaid erano entrati in guerra tra di loro e ciò era causa di stragi, razzie e disordini e a farne le spese erano tutti i Siciliani, ricchi o poveri che fossero.
 L'impresa che Ruggero meditava si presentava difficile e rischiosa anche perché poteva contare solo su uno sparuto gruppo di cavalieri e fanti. Narra la leggenda che mentre era intento a meditare su queste cose e a respirare l'intenso odore di zagara che proveniva dagli aranceti in fiore, gli parve udire una musica di guerra, intramezzata da lamenti e sospiri di schiavi, e musica felice. Ruggero si fermò incuriosito e poiché abitava lì nei pressi un vecchio e saggio eremita, Ruggero vi si diresse e, dopo averlo cortesemente salutato, gli domandò notizie su quel fatto così misterioso ed insolito. L'eremita allungò il braccio e con un dito gli indicò la costa siciliana. - Lì gli aranci sono in fiore... - gli disse - Lì c'è musica ma anche pianti... Lì ballano i saraceni e piangono i cristiani! Dicono che sei potente e cristiano... Perché non combatti e muori per la tua fede? Ruggero non seppe che rispondere, continuò a passeggiare pensieroso. D'un tratto, davanti a lui, il mare prese a ribollire e dalla spuma apparve la testa di una bellissima donna, era Morgana, la fata, sorella carnale di re Artù. Essa ha nel mondo varie regge ma qui, proprio in mezzo allo Stretto, ha il suo più bello e antico palazzo, meta di tutte le fate e maghe del Mediterraneo. Essa, a poco a poco, emerse e Ruggero la vide salire su un cocchio bianco-azzurro tirato da sette cavalli bianchi con la criniera azzurra. Morgana stava per muoversi verso sud, quando vide Ruggero passeggiare sulla spiaggia a passi lenti. - Che pensi, o Ruggero? - gli gridò Morgana dirigendosi verso di lui - Se è come immagino, salta sul mio cocchio e subito ti porterò in Sicilia, assieme ad un possente esercito... Ruggero sorrise e salutò Morgana poi, gentilmente ma con fermezza rispose: - Io ti ringrazio, o Morgana, ma non posso accettare il tuo aiuto. Ma se la Madonna che amo e i santi che mi proteggono mi daranno la loro benedizione, io andrò alla guerra sul mio cavallo e trasporterò l'esercito con le mie navi e vincerò per valore e non per gli incantesimi di una fata.Allora  Morgana agitò tre volte in aria la sua bacchetta magica e lanciò in acqua tre sassi bianchi. - Guarda, o Ruggero, la mia potenza!... E in quel punto apparvero sull'acqua case e palazzi, strade e ville, e tutta la costa siciliana apparve così vicina da poter essere raggiunta solo con un solo salto. - Eccoti la Sicilia! Salta su di essa, raggiungi Messina ed io farò in modo che in essa troverai il più forte e il più numeroso esercito che tu abbia mai avuto in battaglia. Ruggero anche se meravigliato da tanto incantesimo rifiutò ancora l'offerta. - O Morgana! Tu sei una grande fata, degna della stirpe da cui discendi. Ma non sarà con l'incantesimo che io libererò la Sicilia dal paganesimo. Essa mi sarà data da Cristo nostro signore e da sua madre, la Vergine Maria che io ho già scelto e adottato come madre mia divina. Ma grazie, per il pensiero... Morgana non attese di più , agitò nuovamente la sua bacchetta magica e i castelli, le strade e le ville sparirono di colpo, il suo cocchio si mosse veloce trainato dai sette cavalli verso le spiagge dell'Etna. Ruggero, come sappiamo, sbarcò poi in Messina nella primavera del 1061 e in circa 30 anni di guerra, spesso condotta con accanimento e ferocia, senza esclusioni di colpi, riuscì a strappare la Sicilia, una delle terre più ricche e più progredite di quel tempo, ai musulmani. 

lunedì 26 agosto 2013

I FLORIO

Cap.V Le prime difficoltà

Padiglione Florio Esposizione Internazionale di Milano 1906 Arch. E. Basile
 Nel 1896, con le dimissioni di Crispi, il commissariamento della Sicilia e il successivo avvento di Giolitti cominciarono anche i guai per i Florio.Nella città di Palermo che si impoveriva sempre più, si aggiunse il problema della disoccupazione. Da questa necessità nacque il progetto, caldeggiato da Ignazio Florio, di costruire un cantiere navale. Ma, come vedremo, questo grande progetto non riuscirà a risollevare le sorti della Sicilia, come se l’isola soffrisse di un deficit politico e morale. Nel 1899 i Florio furono costretti a sottoscrivere un’ipoteca sulle isole Egadi, cominciando a subire i colpi della crisi di tutto il sistema industriale. Anche se l’azienda restava sana, anche se le Tonnare erano due gioielli, l’indebitamento progressivo nei confronti delle banche impose la dismissione di alcune aziende. Ormai la situazione finanziaria dei Florio precipitava di giorno 
giorno, sino a convincere a fine 1908 la banca milanese, del cui CdA peraltro il commendatore Ignazio faceva parte e continuerà ancora a far parte almeno sino al 1925, dell’opportunità di intervenire, per evitare il rischio che le loro azioni finissero ad acquirenti di scarsa potenzialità finanziaria ed estranei al gruppo ed agli interessi che fanno capo alla Navigazione Generale Italiana», con grave turbamento del mercato e della vita stessa della Ngi, che era tra i suoi principali clienti. Impose perciò a Casa Florio di cedere «alle Società di navigazione “La Veloce” e “Italia”, affiliate alla Navigazione Generale Italiana, l’intero lotto di queste azioni, pari a un valore di circa 12.800.000 lire. Ignazio Florio non poté rifiutarsi di accettare, conservando il diritto di riscatto da esercitare entro il 10 maggio 1909 a un prezzo di lire 425 cadauna (lire 13.260.000) oppure entro il 10 novembre successivo a lire 440 cadauna (lire 13.728.000), ma il suo entourage considerò l’operazione un vero e proprio colpo di mano e il suo legale, l’avvocato Giuseppe Marchesano, giudicò “usuratiche” le condizioni, “ledenti gli interessi morali e materiali dei Florio”, i quali indebitati com’erano mai avrebbero avuto la possibilità di riscattarle. Per Webster il comportamento della Banca Commerciale verso Casa Florio (larghe aperture di credito e successiva acquisizione delle azioni Ngi di proprietà Florio) era motivato dalla volontà di «unificare tutte le compagnie marittime addette al servizio postale sovvenzionate dallo Stato e controllate dalla Navigazione Generale, onde negoziare nuovi sussidi con il governo da una posizione di forza corrispondente in pratica ad una sorta di monopolio
 La cruda verità è che i Florio non riuscirono veramente trasformare l’economia della Sicilia e a permetterle un decollo competitivo con il Nord. La Sicilia in linea di massima rimaneva sottosviluppata e priva di infrastrutture essenziali. Prime tra tutte le ferrovie. La Fonderia Oretea era certamente l’officina più attrezzata e moderna dell’isola, ma dopo l'unificazione d'italia non resse il confronto con quelle italiane. Il suo decollo avvenne non perché trainata dalle richieste del mercato interno ma perché essa operava come officina delle navi dei Florio. In Sicilia mancava il mercato e non potevano essere i Florio a crearlo da soli.

Il declino

 Il ricordo dell'epopea dei Florio continua ad esercitare un fascino irresistibile in Sicilia. Per l’immaginario collettivo siciliano e meridionale in genere, i Florio da tempo sono entrati nella leggenda e nel mito. Rappresentano gli uomini simbolo delle capacità imprenditoriali del sud, quel tempo, sempre nostalgicamente rievocato, in cui anche al sud fiorivano iniziative industriali vincenti. E come scrive Maurice Aymard, la vicenda dei Florio è stata identificata “con quella della Sicilia pre e post-unitaria, cioè la Sicilia delle grandi speranze, delle attese frustate e delle illusioni perdute… Questo incontro fra un destino familiare e quello dell’isola dà forza e durata al mito che essi incarnano o che sono incaricati di incarnare”.

domenica 25 agosto 2013

I FLORIO

Donna Franca Florio 1903
Cap.IV  L'interesse per l'arte e la cultura

La famiglia Florio lasciò una impronta di sé anche nel mondo dell’arte. Essi avevano capito che la Sicilia possedeva da secoli una grande capacità artigianale e manuale e pensarono di farla rivivere. Naturalmente hanno avuto la fortuna di incontrare architetti come Damiani Almeyda e Ernesto Basile ed è con questo architetto che il legame si concretizza con realizzazioni architettoniche all’unisono con l’art nouveau europea (le più importanti sono il villino Basile, committenza di Vincenzo Florio, e Villa Igea). E' proprio nella villa Igea e nel villino Florio, che si realizza una formidabile convergenza fra architetti, maestranze, decoratori, pittori, scultori, che parla il linguaggio internazionale del modernismo. E poiché in quel periodo Palermo era ancora una città in cui ci si curava per il clima loro ospitarono la crema della buona società europea e anche famiglie regnanti come i reali d’Austria e di Russia e, naturalmente quelli d’Italia. Ignazio junior e la sua bellissima consorte Franca, figlia del barone di San Giuliano Pietro Jacona e di Costanza Notarbartolo vivono infatti da protagonisti il periodo della Bella Epoque.

 Donna Franca è il prototipo di donna che coniuga l’ideale estetico di eleganza con il gusto della famiglia. E’ un punto di riferimento nei salotti della mondanità mittleuropea. Si divide tra i salotti delle palazzine del periodo liberty palermitano, attirando su di sé, per il suo fascino e bellezza, gli apprezzamenti del Kaiser Gugliemo II, spesso ospite alla loro villa dell’Olivuzza, e di Vittorio Emanuele III.

 I Florio fondarono alcuni dei più importanti teatri lirici del mondo come il teatro Massimo e il teatro Politeama. Questi teatri ebbero il merito di convogliare nella città turisti colti che andavano alla ricerca delle novità liriche che a quei tempi, grazie ai Florio, si facevano a Palermo. La cosa interessante per Palermo in quegli anni è che si sviluppò un sistema dell’arte. I Florio contribuirono in maniera significativa a innestare e coadiuvare questo sistema. In città si svilupparono dei circoli di conversazione in cui l’intellighenzia, gli imprenditori, i borghesi e anche gli uomini dell’amministrazione che ne facevano parte cercavano di promuovere il dialogo fra arte e industria e arte e istituzioni pubbliche.
Manifesto dell'esposizione del 1908
L’Esposizione Nazionale del 1891 fu uno dei grandi motori dello sviluppo urbanistico della Palermo borghese, moderna. L’Esposizione ebbe altresì l’ambizione di qualificare definitivamente l’immagine imprenditoriale e moderna della Sicilia. I Florio erano molto attivi nella promozione, nella discussione, ma anche nel far circolare queste idee e nel farle entrare in maniera produttiva nel loro sistema. Florio nella Palermo di fine Ottocento, inizio Novecento erano di gran lunga il potentato economico più importante, erano un po’ i padroni della città perché erano i più ricchi, i più potenti per relazioni politiche e anche i più moderni”. Ignazio già negli anni Ottanta aveva già puntato molto su una banca e su un uomo politico. La banca era il Credito mobiliare italiano e il Banco Florio diventò la Filiale del Credito Mobiliare. L’uomo politico era Francesco Crispi che sicuramente si legò alla fortuna dei Florio negli anni Ottanta quando la Navigazione Generale poté utilizzare le convenzioni marittime e dunque le laute sovvenzioni dello Stato per espandere le linee di navigazione. I Florio avevano la grande capacità di rappresentare i loro interessi e li rappresentavano come gli interessi della Sicilia e con questo godevano anche di grande prestigio perché sostenevano che se loro andavano bene andava bene la Sicilia.

sabato 24 agosto 2013

I FLORIO


Cap.(lll)  I Florio ed i trasporti marittimi

Villa Florio, Viale Regina Margherita alla Ziza Palermo (Arch. E. Basile


 La svolta vincente per i Florio, come abbiamo già detto, è legata allo sviluppo della navigazione a vapore: Vincenzo e il figlio Ignazio colgono l'onda della modernizzazione e creano una flotta, che consente a Ignazio di collocarsi ai vertici dell'high-society internazionale. Importante fu l’incontro fra Benjamin Ingham ed il giovane Vincenzo Florio, che favorì la realizzazione di alcune iniziative sul piano commerciale ma anche su quello industriale, tra le quali ricordiamo la già citata costituzione della Società dei Battelli a Vapore siciliani. La società assicurava il collegamento tra Napoli, Palermo e Marsiglia e tra i diversi porti della Sicilia. L’incontro con Ingham ebbe notevole importanza anche per l’economia siciliana in generale. Con l'Italia unitaria nasceva anche l'esigenza di una rete di collegamenti adeguati alla nuova realtà.  Ciò spinse Vincenzo Florio a costituire la "Società in Accomandita Piroscafi Postali", che godeva di una convenzione in denaro con il governo nazionale, che gli affidò i servizi attorno alla Sicilia, verso Genova, verso Napoli e verso Malta.
Le navi, inizialmente 6, già nel 1877 erano diventate diventate 41. Attorno al 1880 i Florio iniziarono il servizio verso il Nord America e iniziò anche il trasporto degli emigranti; questo servizio fu visto molto bene dalle autorità americane e il prestigio internazionale dei Florio aumentò sempre più. Il problema dei trasporti marittimi era cruciale all'epoca ed il potere politico favorirà nel 1877 l'acquisizione da parte della "Società Piroscafi Postali", a prezzi di bancarotta, tutto il materiale della "Trinacria", altra grande compagnia di navigazione. A concorrere con la compagnia dei Florio rimaneva dunque solo la "Rubattino" di Genova; ma nel 1881 queste due società, si fonderanno dando vita alla compagnia della "Navigazione Generale Italiana" (Ngi) che ebbe il monopolio dei collegamenti marittimi. Dalla fusione di questa società con la Citra nascerà ai primi del '900 la compagnia Tirrenia.


La nascita della Navigazione Generale rispondeva ad un'esigenza avvertita in tutti gli ambienti, dal nord al sud della Penisola: creare una sorta di monopolio che potesse competere con le grandi compagnie straniere di navigazione già presenti nel Mediterraneo. In verità, all’appuntamento dell’81 Florio è molto più pronto e potente di Rubattino, ed attorno alla Navigazione Generale Italiana Ignazio Florio riesce a costruire un sistema imprenditoriale diffuso che fa capo soprattutto alla grande produzione enologica, ai vini e alla realizzazione delle tonnare delle Egadi. Questa sarà l’azienda che fino alla fine costituirà un cespite attivo. Sempre sotto il patrocinio di Vincenzo Florio sorse a Palermo la "Fonderia Oretea", moderna industria metallurgica che doveva essere complementare alle esigenze della sua flotta. A coronamento delle imprese produttive non gli mancarono conferimenti di cariche istituzionali sia nel Regno delle Due Sicilie che, successivamente, nel Regno d'Italia. Riuscì inoltre a far parte del Consiglio Superiore della Banca Nazionale del Regno, la più importante autorità economica del tempo. La fortuna che alla sua morte, avvenuta nel 1868, lasciò a suo figlio Ignazio (senior) fu valutata nell'astronomica cifra di L. 300.000.000.


Ignazio Florio junior

Ignazio senior sposò la baronessa Giovanna D'Ondes, da cui ebbe 4 figli: Vincenzo (morto a meno di un anno dalla nascita), Ignazio junior, Giulia e Vincenzo destinato ad essere l'ultimo esponente dei Florio. Il raggio d'azione e il volume di affari della famiglia Florio era destinato ad allargarsi così come divenne sempre più profonda la loro impronta sul costume, sulla cultura e l'economia del tempo. Ignazio (senior) creava industrie dotate di moderni servizi per gli operai, costituiva un assistenziale Istituto per ciechi, iniziava la costruzione del futuro teatro Massimo.

venerdì 23 agosto 2013

I FLORIO

(Cap.ll)  L'ascesa

Fra le iniziative destinate ad aver maggior fortuna vi sarà la costruzione di uno stabilimento per la produzione di vino "Marsala", in concorrenza con le famiglie inglesi che già operavano nel settore, come i Woodhouse e gli Ingham. L’inserimento di Vincenzo Florio nel mercato del vino, nel 1834, è un momento importante sia per la storia della famiglia sia per la storia del vino Marsala; intanto rispetto agli altri mercanti inglesi, la scelta di Vincenzo Florio è di rivolgersi soprattutto al mercato nazionale più che fare la concorrenza, che sarebbe stata persa già dal nascere, a Ingham che aveva il predominio del mercato americano o ai Woodhouse che avevano il predominio del mercato del Nord Europa. Le cose cominciano a cambiare sensibilmente nella seconda metà dell’Ottocento quando Vincenzo Florio e il figlio Ignazio investono sempre di più nell’azienda per modernizzarla. Nelle loro cantine si realizzerà il primo impianto di imbottigliamento meccanico ben prima che non alla Ingham o alla Woodehouse. L'attività intrapresa si rivelò un ottimo affare ed il prodotto si assicurò un vasto mercato. Altra iniziativa proficua si rivelò l’affare delle tonnare. Nell’ottobre del 1841 i Florio legano il loro nome alle isole Egadi, prendendo in gabella dai Pallavicino e Rusconi le antiche tonnare di Favignana e Formica per un periodo di diciannove anni.

 I Florio, come molti altri imprenditori, meridionali e settentrionali, ebbero una forte spinta dopo il
Locandina Targa
Florio
1860, non a caso la borghesia e l’imprenditoria dettero una mano, non solo metaforica, all’impresa garibaldina, confidando nella nascita e nello sviluppo di una moderna industria. Nel 1874 il figlio Ignazio senior acquisterà interamente le isole Egadi pagando la cifra di 2 milioni 750.000 lire alla famiglia Pallavicino. I Florio trasformarono l’industria conserviera del pesce in un’impresa mondiale. Con la costruzione dello stabilimento Florio a Favignana realizzarono il più moderno e importante complesso industriale di lavorazione e conservazione del tonno esistente nel Mediterraneo.
 Ignazio interviene inoltre, a partire dagli anni Settanta, in provincia di Caltanissetta con alcune attività di lavorazione dello zolfo e dà l’avvio a tante altre attività nel campo dell’industria chimica, della produzione di porcellane e ad un corollario di attività minori correlate. Ma l’attività dei Florio non si ferma qui. Banche, alberghi, editoria, una gara automobilistica: la Targa Florio che fa conoscere all’Europa intera i paesaggi selvaggi e dolci delle Madonie.

giovedì 22 agosto 2013

I FLORIO

Vincenzo Florio

(Cap.I)  L'ascesa   


Quando si parla dei Florio il pensiero corre subito alle feste, ai ricevimenti, al lusso, alle corse automobilistiche e soprattutto alla decadenza di questa Famiglia, ma l’epopea dei Florio non è solo la cronaca degli ultimi ruggenti ma disastrosi anni ma è soprattutto la storia della crescita costante delle fortune di una famiglia di imprenditori che ha inizio a fine settecento e che copre più di un secolo di successi prima di conoscere il tracollo finanziario e la fine della dinastia. Ma a noi meridionali piace ricordare soprattutto le sconfitte, amiamo molto il rimpianto e tendiamo a dimenticare le storie belle e costruttive che per quasi un secolo e mezzo hanno segnato il successo di una famiglia che ha dato lavoro e benessere a tante altre famiglie. Tutto ha inizio con Tommaso Florio a metà Seicento in Calabria, a Melicuccà, e poi a Bagnara, dove il figlio Domenico e il nipote Vincenzo, qui trasferitisi, esercitano il mestiere di fabbro. L'ascesa comincia con Paolo e Ignazio, figli di Vincenzo. A spingere i Florio sul mare fu probabilmente Paolo Barbaro, genero di Vincenzo Florio, che strappò Paolo al destino di “scalco” accogliendolo come socio nella sua attività di “ambulante” del mare che girava per i porti del Tirreno commerciando. Tra il 1800 e 1801 Paolo però, chiamato a sé il fratello Ignazio, si stabilisce definitivamente a Palermo: i due aprono un piccolo negozio in via dei Materazzai e si dedicano per alcuni decenni al redditizio commercio delle spezie e merci rare, all’affitto e successivo acquisto di qualche tonnara sul litorale palermitano ed al prestito al “cambio marittimo”.“cambio marittimo”.
Ignazio Florio senior

 Il salto di qualità avvenne con Vincenzo, figlio di Paolo. Ormai la famiglia si era notevolmente arricchita e Vincenzo ebbe la possibilità di acquistare alcune quote dello “Brick-Schooner” Santa Rosalia e, approfittando dei trattati di pace e di commercio tra il governo borbonico ed i governi algerini, tunisini e di Tripoli, estremamente vantaggiosi dal punto di vista doganale, cominciarono ad incrementare gli introiti e ad acquistare altre imbarcazioni, che già negli anni trenta dell’Ottocento formavano una discreta flotta che toccava i porti di New York, Boston, Londra, Liverpool, Marsiglia e Genova da dove per conto della Casa Florio importavano a Palermo manifatture, zucchero, cera, pellame, droghe, rum, catrame, ecc. ecc. Tutto ciò, insomma, che poteva trovare un mercato in Sicilia. La destinazione finale erano tuttavia i mercati orientali da cui importavano le "droghe", cioè le spezie, da ridistribuire nel mercato italiano. In pochi anni la ditta si trasforma in una holding: dal commercio all'attività finanziaria, dalla pesca del tonno alla produzione vinicola e zolfifera. Il talento economico di Vincenzo è notevole e numerosissime sono le attività di cui è promotore o compartecipe. E’ un tycoon e si caratterizza per avere, oltre che un’innata indole imprenditoriale, i connotati dell’uomo sensibile alla cultura, all’estetica e una condotta imprenditoriale che, assieme al ritorno economico, giovi ad un miglioramento della comunità. Moderno ed al passo con i tempi, intravede grandi potenzialità nel settore tessile investendo in cotonifici. Ed ancora, investe ed ottiene successo co-fondando la compagnia di navigazione "Società dei battelli a vapore siciliani", insieme a numerosi altri esponenti dell'aristocrazia siciliana.