Il Cuoco siciliano era uno dei personaggi della commedia nell’antica Roma: quando i Galli si nutrivano di carne cruda ed erbe selvatiche, siculus coquus et sicula mensa venivano considerati sinonimi di grande raffinatezza nell’intero Mediterraneo. Oggi gli stranieri cercano di penetrare tutti i segreti della cucina isolana, ma solitamente, avendo ricevuto un diverso imprinting nell’infanzia, non riescono a cogliere tutte le sfumature di sapori cui i siciliani sono fortemente attaccati, facendo sdegnose orecchie da mercante ad ogni eventuale voce critica proveniente dalla scienza medica. Per fortuna, accanto ai fritti, c’è l’abbondanza della frutta e della verdura a salvarli da un sicuro tracollo fisico. Luoghi deputati per una visita guidata alla storia della Sicilia attraverso il cibo sono i mercati, dove tutti i sensi sono stimolati in una lussuria di colori e odori. Fin dall’epoca araba la città di Palermo fu interessata da un’espansione extra moenia (fuori le mura della città) che oggi occupa le aree dei due quartieri rispettivamente dell’Albergheria e del Capo. In entrambe le zone si svilupparono già allora dei mercati, seguendo la vocazione commerciale che la città ha sempre avuto fin dal tempo della sua fondazione come emporion fenicio. Cuore pulsante dell’Albergheria è il mercato di Ballarò. Una passeggiata fra le bancarelle di questi mercati può essere anche l’occasione per un’esplorazione nel passato dell’Isola, non quello dei grandi uomini e delle famose battaglie, ma quello degli uomini della strada che, esattamente come noi, dovevano nutrirsi ogni giorno e avevano le loro predilezioni e le loro debolezze. Con un uso di origine araba, la strada è letteralmente invasa da cassette di legno: contengono la merce che viene continuamente abbanniata; pochi ne comprendono il significato letterale, ma tutti sanno che quelle grida, cantilenate con cadenze orientali, intendono reclamizzare la buona qualità e il buon prezzo dei prodotti. Il termine Bucceria deriva dal francese boucherie che significa macelleria. Il mercato era infatti inizialmente destinato al macello ed alla vendita delle carni. Successivamente divenne un mercato per la vendita del pesce, della frutta e della verdura. Anticamente era chiamato "la Bucciria grande" per distinguerlo dai mercati minori."Vuccirìa" in siciliano significa "Confusione". Oggi, la confusione delle voci che si accavallano e delle grida dei venditori (le abbanniati) è uno degli elementi che, maggiormente, caratterizza questo mercato palermitano. È impossibile descrivere tutti gli odori caratteristici che pervadono il posto. All'interno della zona del mercato si trovano palazzi nobiliari ed opere d'arte quali il Palazzo Mazzarino, appartenuto alla famiglia del celebre cardinale,di cui ho scritto precedentemente, la fontana del Garraffello, palazzo Gravina Filangeri. Il mercato venne immortalato nel 1974 in un celebre dipinto di Renato Guttuso, la Vucciria di Palermo, oggi conservato a Palazzo Steri. L'allegra baraonda delle bancarelle è stata trasformata dal pittore bagherese Renato Guttuso in una fantasmagorica tappezzeria di odori e di colori: la Vucciria, dipinta nel 1974, nelle sue mani di artista e di poeta è diventata una metafora della terra di Sicilia e di tutti i suoi abitanti. Dal 1999 fino al 2007 l'artista austriaco Uwe Jaentsch ha realizzato numerose installazioni ed opere d'arte nella piazza Garraffello.
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