venerdì 30 novembre 2012

Le origini




I primi popoli civili apparsi nell'isola, all'alba della Storia, furono i Sicani ed i Siculi.

— Da dove venivano?

Non si può dirlo con esattezza. Forse i  


Sicani venivano dall'Africa, e forse i Sìculi dall'Italia Centrale, guidati da un certo re di nome Siculo.


Si sa, però, che, mentre i Sicani occuparono la parte occidentale della Sicilia, restandovi,


 poi, per molto tempo isolati, i Sìculi, giunti più tardi, si stabilirono in quella orientale.


Un altro popolo, gli Elimi, venne, secondo la leggenda, da Troia. Era loro capo


Elimo, figlio del re Priamo, che fondò le città di Érice e di Segesta.


Di quest'ultima rimangono ancor oggi stupende rovine.



 Sìculi, però, divennero ben presto i più potenti e i più civili dell'isola. Ottimi agricoltori, oltre che guerrieri, essi coltivarono, per i primi, il grano e la vite; conobbero l'arte della ceramica; lavorarono i metalli ed eressero grandi templi ai loro dèi, nelle città di Ibla e Pàlica, Inoltre, credendo nell'immortalità dell'anima, i Sìculi ebbero un culto profondo per i morti.


Li seppellivano in piccole celle, con accanto oggetti preziosi, armi, anfore e cibi che dovevano servire per il lungo viaggio nell'oltre tomba.








giovedì 29 novembre 2012

La Scuola Siciliana Del Volgare


NASCONO IN SICILIA LE PRIME POESIE IN LINGUA ITALIANA


 

La corte del grande Federico risiedette, come hai visto, a Palermo. Ed egli ne fece un ritrovo di poeti, di artisti e di scienziati. Anzi egli stesso fu poeta e buon poeta!
Durante il suo regno avvenne uno stranissimo fatto. Tu sai che fino allora la lingua dell'isola era stata il greco, oppure l'arabo. Sotto Federico II, ecco che si fa strada il « dialetto », cioè la nuova lingua italiana. E noi vediamo lo stesso Re che scrive le sue poesie in questa lingua. E così suo figlio Enzo; e così tutti i poeti della sua corte.
Pensa: erano i primi poeti che scrivevano nella nuova lingua e venivano chiamati i poeti della Scuola Siciliana; non perché essi fossero solo Siciliani, ma perché erano a Palermo, alla corte dell'Imperatore-poeta.
E' da ricordare qui, anche se non appartenne a questa Scuola, il poeta siciliano Giullo d'Àlcamo, conosciuto anche come Cielo D'Alcamo, il quale scrisse una poesia che è uno dei più antichi documenti della lettera­tura italiana. Essa è famosa e comincia con queste belle parole:
Rosa fresca aulentissima
ch'apari in ver la state ... In Sicilia, quindi, comparve la prima poesia italiana.
 

Sicilia a360 gradi

http://www.sudmagazine.it/blog/sicilia-360-gradi-il-turismo-secondo-terzi/3913/

mercoledì 28 novembre 2012

Galleria foto

Sicilia antica splendori della storia Taormina Segesta Selinunte





Segesta, in provincia di Trapani. Attorno al V secolo a.C. questa antica colonia magno-greca giunse a rivaleggiare con le più importanti città della Sicilia, conoscendo un livello di sviluppo che oggi è stato ampiamente documentato, grazie a un'importante operazione di recupero archeologico. La storia di Segesta, fondata dagli Elimi (popolazione proveniente, secondo la tradizione, da Troia) è segnata dalla lotta per il predominio che la vide opposta all'altrettanto famosa città di Selinunte. Nel 415 a.C., per difendersi dalla sua eterna rivale, Segesta fece addirittura appello ad Atene, il cui esercito venne però sconfitto dai Siracusani, alleati di Selinunte. Sei anni più tardi, la rivincita giungeva con il supporto dei Cartaginesi che, sbarcati in Sicilia, distruggevano le città di Selinunte e Himera. Le vicende della Segesta ellenistica, liberata dal suo nemico, proseguirono per un secolo, fra alterne fortune, fino all'annientamento subito dall'altra rivale storica, Siracusa, per mano di Agatocle. Segesta rinacque, tuttavia, in epoca romana, ma la sua storia si fece più oscura. Oggi è possibile visitare l'acropoli, che si sviluppava in due zone suddivise da una sella. La zona di sud-est era residenziale, mentre quella a nord ospitava gli edifici pubblici, tra cui il bellissimo teatro con vista sul mare. Ma ciò che più di ogni altra cosa colpisce gli appassionati di storia antica, nel visitare l'antica Segesta, è certamente l'imponente tempio dorico, uno dei monumenti più perfetti giunti fino a noi dall'Antichità, che domina il paesaggio e si innalza, in maestosa solitudine. Edificato attorno al 430a.C., il tempio di Segesta presenta proporzioni di rara armonia. 




lunedì 26 novembre 2012

Il popolo Siciliano

    Sicilia Antica
  • In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per  le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani. Quasi dal tempo in cui Polifemo passeggiava intorno all'Etna, o in cui Cerere insegnava ai siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza. I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell'isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà. (Friedrich Engels)

domenica 25 novembre 2012

E facile essere felici in Sicilia, ma è un'operazione che richiede adattamento biologico oltre che culturale: bisogna imparare a vivere il tempo alla maniera siciliana.

sabato 24 novembre 2012

Leggende sull'origine della Sicilia



La bellissima principessa Sicilia

Il nome dell'isola è nato da una leggenda, che parla di una bellissima ma sfortunata principessa del Libano, che si chiamava appunto Sicilia. Alla sua nascita le era stato predetto da un oracolo che al compimento dei quindici anni d'età avrebbe dovuto lasciare la propria terra natia, sola e su una barchetta, altrimenti sarebbe stata pasto dell’ingordo Greco-Levante, che le sarebbe apparso sotto le mostruose forme di un gatto mammone, divorandola. 

Per scongiurare questo pericolo, non appena compì quindici anni (che così voleva l'oracolo) il padre e la madre, piangenti, la posero in una barchetta, e la affidarono alle onde. 
E le onde, dopo tre mesi (ritorna puntualmente il numero 3), quando ormai la povera Sicilia credeva di dover morire di fame e di sete, poiché tutte le sue provviste si erano esaurite, deposero la giovinetta su una spiaggia meravigliosa, in una terra luminosa, calda e piena di fiori e di frutti, colma di profumi, ma assolutamente deserta e solitaria. 
Quando la giovinetta ebbe pianto tutte le sue lacrime, ecco improvvisamente spuntare accanto a lei un bellissimo giovane, che la confortò, e le offerse ospitalità e amore, spiegando che tutti gli abitanti erano morti a causa di una peste, e che il destino voleva che fossero proprio loro a ripopolare quella terra con una razza forte e gentile, per cui l'isola si sarebbe chiamata col nome della donna che l'avrebbe ripopolata; e, infatti, si chiamò Sicilia, e la nuova gente crebbe forte e gentile, e si sparse per le coste e per i monti.

Qual è il fondamento storico di questa fascinosa leggenda? 



Lasciando da parte le questioni etimologiche (con le quali si è arrivati a congetturare che il termine Sicilia deriverebbe dall'unione delle due voci antiche sik ed elia, indicanti rispettivamente il fico e l'ulivo, e starebbe a significare la fertilità della terra siciliana) c'è da osservare che i due grandi folcloristi che hanno riportato questa leggenda, il Salomone Marino e il Pitrè, hanno concordemente indicato il riferimento culturale, cogliendolo nell'antica favola di Egesta, abbandonata dal padre Ippota su una barchetta affidata alle onde, perché non diventasse preda dell'orribile mostro marino inviato dal dio del mare Nettuno; e che poi, approdata in Sicilia, e sposa di Crìmiso, generò l'eroe Aceste di cui parla Virgilio nel quinto libro dell'Eneide; ma ambedue hanno trascurato il fondamento storico, che è dato dall'accenno all'ingordo Greco-Levante, che avrebbe divorato la povera Sicilia. Il temibile mostro greco-levantino altro non è che l'impero bizantino, la cui dominazione in Sicilia, protrattasi dal 535 all'827, lasciò un cattivo ricordo nell'isola per il suo avido fiscalismo, tanto che fino a qualche tempo fa si diceva ai bambini cattivi, per farli impaurire: "Vidi ca vénunu i greci!" (bada che stanno per venire i bizantini). 
Il che spiega sufficientemente la genesi storica della leggenda.








x


  • Federico ll

Federico II, una nascita che fu per tutti un prodigio



Affidato appena possibile il piccino alla custodia della contessa di Spoleto, la madre si rimetteva in cammino alla volta di Palermo.


Ma già quella nascita aveva messo il mondo a rumore. 
Veniva dopo quasi nove anni di matrimonio infecondo, e per giunta da una donna quarantenne che oggi di­remmo matura e che per quei tempi era decisamente anziana, se non addirittura vecchia, ancor più come madre. Tanto che a tutti l'evento parve portentoso e come tale fu salutato da avversari e sostenitori dell'idea imperiale. 

Annuncio di sventura per gli uni, presagio di gloria per gli altri. 


E fra le profezie famose c'era quella della donna fecondata a sua insaputa dal demonio, che avrebbe dato alla luce chi sarebbe divenuto si dominatore del mondo, ma sarebbe stato inoltre Anticristo, fuoco incendiario e fiaccola d'Italia. 
Il motivo dell'Anticristo nato da una monaca messa incinta dal diavolo era del resto diffuso fra i guelfi: nel caso specifico l'avvalorava la falsa credenza, che pure Dante riprenderà e farà propria, d'una Costanza sottratta a forza al chiostro per le nozze aborrite. 





Né mancava l'altra campana. Quella di Goffredo di Viterbo che saluta nel neonato il Salvatore, il futuro padrone del mondo destinato a unire finalmente l'Occidente e l'Oriente, come profetizzato dalla Sibilla Tiburtina. 

  • Cosi, il fatto di per sé non comune del bimbo nato tardi e non più atteso, diviene subito argomento e pretesto degli auspici più controversi. Essi s'intrecciano attorno alla culla di chi avrà ricchezza di svariati appellativi: agnello fra i lupi e puer Apuliae, aquila e Cesare, stupor mundi e martello del mondo, per ricordare solo i più risaputi.

venerdì 23 novembre 2012







  • Leggende sull'origine della Sicilia
  • Il popolo siciliano, forte della sua vivacità spirituale e del suo esuberante carattere, ha trasfigurato in leggende anche l'origine stessa della sua terra definendo la Sicilia come un dono fatto da Dio al mondo in un momento di supremo gaudio. Pertanto l'isola mediterranea non sarebbe altro che la metamorfosi di un diamante posto da Dio nel mezzo del mare per la felicità del mondo.




BREVE SINTESI

Greci approdarono sulle coste orientali dell'isola, dove fondarono colonie come Catania, Siracusa, Gela e Agrigento. I tiranni di Siracusa (soprattutto al tempo di Dionigi il Vecchio) tentarono la conquista di tutta l'isola confrontandosi con i Fenici, l'altra potenza mediorientale. Gli scontri ai confini delle rispettive aree d'influenza si ebbero aSelinunte, al sud, e ad Imera, al nord (480 a.C.).
Sono, poi, i Romani a sottomettere le colonie greche e, con le guerre puniche, ad acquisire anche quelle cartaginesi. Da allora l'isola divenne una provincia fondamentale per la politica e l'economia dell'impero Romano.
Con l'arrivo del flagello barbarico nell'Occidente europeo, anche l'isola iniziò a risentire della nuova realtà che stava maturando. Questo periodo è databile dal 440 al 535: da quando, cioè, il capo dei Vandali, Genserico, estese la sua potenza egemonica a tutto il Mediterraneo occidentale. Fu un duro colpo per Roma, perché dalla Sicilia proveniva gran parte del grano necessario alla vita della penisola italica e della stessa Roma. La Sicilia rimase sotto il dominio vandalico sino al 476, quando divenne re d'Italia Odoacre. L'isola passò, poi, in mano ai Goti e Teodorico il Grande subentrò al re degli Eruli nel regno barbarico d'Italia (495).

Conquistato l'impero vandalico d'Africa (534), il generale di Giustiniano, Belisario, fece sua la Sicilia in appena un anno. Iniziò, così, il processo di "bizantinizzazione": cultori e letterati prosperarono in Sicilia, come i papi Agatone, Leone e Sergio, e Giorgio di Siracusa. Grande fama ebbe, inoltre, Gregorio di Agrigento (sec. VI), autore di opere di ampia diffusione nell'ambito filosofico del tempo e letterati quali Epifanio di Catania e Gregorio Bizantino.

Nell'827 arrivò il momento dello sbarco musulmano a Mazara del Vallo, primo passo verso la conquista di tutta l'isola. Nell'831 cadde Palermo, nell'865 Siracusa, e solo molto più tardi ebbero uguale sorte le ultime roccaforti della resistenza bizantina. L'organizzazione dell'emirato fece centro su Palermo, nuova capitale dell'isola al posto di Siracusa: la nuova città, con le sue trecento moschee, era in competizione con le grandi città dell'Oriente e dell'Occidente musulmano. E' certo che, soprattutto nella parte centro-occidentale dell'isola, si ebbe una vera e propria arabizzazione che perdura ancora adesso nella toponomastica e nell'agricoltura, particolarmente per quanto concerne le tecniche dell'irrigazione e della conduzione di orti e giardini. 
Il ritorno della Sicilia all'Occidente si ebbe con i Normanni. Nella fase della loro grande espansione, fu concepita una precrociata per scacciare gli infedeli Musulmani dal centro del Mediterraneo. L'impresa, condotta dal più giovane dei fratelli Altavilla, Ruggero, durò trenta anni (1061-1091). Politica e cultura convissero per il costante impegno mecenatico dei sovrani normanni: nel campo delle arti, come in quello letterario e scientifico. Il matrimonio di Costanza d'Altavilla con Enrico VI di Svevia, figlio dell'imperatore Federico I Barbarossa, consentì la discesa in Sicilia di Enricoe la sua incoronazione a Palermo. Ma l'età sveva (1194-1250) ebbe il suo grande protagonista in Federico II, nato da Costanza ed Enrico. Egli fece dell'isola la base della sua politica imperiale, ma ciononostante non vi soggiornò quasi mai, impegnato nella lotta contro i comuni dell'Italia settentrionale e nella politica germanica. Alla sua morte (1250), il regno meridionale passò al figlio Corrado IV e poi al figlio Manfredi.Questo periodo ebbe sviluppi incredibili sul piano della giurisprudenza, della letteratura in latino, delle scienze sperimentali e della poesia in volgare.

Alla morte di Federico II, la corona passò a Carlo d'Angió, fratello di Luigi IX il Santo, re di Francia. Col pretendente francese si confrontarono prima Manfredi, eliminato nella battaglia di Benevento (1266), e poi il piccolo Corradino, sconfitto a Tagliacozzo e fatto decapitare dall'Angioino (1268). Ma la dominazione angioina nel regno di Sicilia era mal sopportata dai Siciliani, che non riuscirono ad adattarsi all'arroganza dei nuovi signori. La rivoluzione del Vespro, scoppiata a Palermo il 31 marzo 1282, determinò lo sterminio dei Francesi e la cacciata degli Angioini dall'isola. Come proprio sovrano i Siciliani scelsero Pietro III d'Aragona. Il processo di declino del regno aragonese trovò il suo sbocco in una riconquista promossa daMartino l'Umano per conto del figlio, Martino il Giovane. Questi sostenne una lunga lotta contro l'indomabile baronaggio siciliano. Rimase in Sicilia, a tenere il potere come vicaria, Bianca di Navarra, seconda moglie di Martino il Giovane. Contro di lei si mosse il grande ammiraglio del regno, Bernardo Cabrera. La nuova guerra civile fece scadere il regno a vice-regno, quando sul trono d'Aragona venne eletto Ferdinando d'Antequera. Bianca fu richiamata alla corte iberica ed in Sicilia fu inviato il viceré Giovanni duca di Penafiel. Contro ogni tentazione autonomistica, Alfonso V il Magnanimo (1416-1450) nominò una serie di viceré scelti da lui con oculatezza.
I due regni di Sicilia, con la morte di Alfonso il Magnanimo, furono divisi e quello isolano fu unito alla corona d'Aragona. Era il momento in cui cresceva la grande Spagna dei re Cattolici, l'età delle grandi scoperte geografiche e scientifiche, il tempo in cui, con Maometto II ed i suoi successori, la potenza turca partì alla conquista dell'Occidente. La Sicilia assunse una posizione strategica, antemurale contro l'aggressione ottomana e i pirati barbareschi. Nel 1535, Carlo V visitò l'isola ed entrò trionfalmente a Palermo. Nel Seicento, nella Sicilia spagnola che vide il trionfo dell'effìmero in campo artistico, si aggravò la situazione economica, poiché le carestie resero deserte le campagne e la fame dilagava per le grandi città. Nel 1647 una rivolta divampò a Palermo: la folla assalì il palazzo di città e liberò i prigionieri della Vicarìa. Maggiore successo ebbe quella delle maestranze artigiane palermitane, capeggiata daGiuseppe D'Alesi che tentò l'instaurazione di un governo popolare.

Il trattato di Utrecht (1713) assegnò la Sicilia al duca di Savoia Vittorio Amedeo II che, in quello stesso anno, raggiunse Palermo. Dopo qualche tempo, tornò in Piemonte carico di beni ed accompagnato da uomini di cultura, fra i quali l'architetto Filippo Juvara. Lasciò come viceré il conte Maffei, il quale dovette affrontare la campagna militare del cardinale Alberoni per riportare con la forza la Sicilia sotto la Spagna. La spedizione del 1718 costrinse i Savoiardi nell'interno dell'isola. Ma il trattato dell'Aia (1720), voluto da Austriaci ed Inglesi, portò l'isola sotto Carlo VI d'Austria, che nomina viceré il duca di Montelcone. Dopo i Savoia, gli Austriaci continuarono ad impoverire la Sicilia.

Filippo V di Spagna investì Carlo del regno delle Due Sicilie. Questi giunse nell'isola a Palermo (30 giugno 1735) per farsi incoronare. La pace di Vienna (1738) gli riconobbe, poi, il titolo. La Sicilia attendeva dal nuovo sovrano la soluzione dei suoi numerosi problemi. Carlo III, con una intelligente politica riformista, cercò di sollevare i sudditi dalle condizioni di estrema miseria in cui versavano. Istituì la "Giunta per gli affari di Sicilia" e quella "per il commercio del grano", stipulò accordi commerciali con gli Stati africani.
Nel 1759 giunse, come viceré, Domenico Caracciolo che introdusse le riforme contro i privilegi del baronaggio e la soppressione del famigerato Tribunale dell'Inquisizione (1782). Ma l'epoca del Caracciolo fu anche quella in cui si aggravò il distacco della Sicilia da Napoli e in cui aumentarono le pressioni autonomistiche da parte dei siciliani. Con l'appoggio inglese ed in particolare di lord Bentink, la Sicilia ottenne una Costituzione su modello inglese, approvata dal parlamento il 19 luglio 1812 e sanzionata dal re il 10 agosto. Questa costituzione fu rinnegata da Ferdinando, quando il Congresso di Vienna (1816) gli confermò la corona delle Due Sicilie. Il malcontento antiborbonico si configurò nella penetrazione della Carboneria in Sicilia anche tra i borghesi e il clero. I moti del '20 furono repressi con la forza militare e il ripristino dell'assolutismo portò ad una intensificazione dell'azione dei Carbonari. La rivolta capeggiata da Domenico Di Marco, a Palermo, e quelle di Siracusa e Catania vennero soffocate. I moti del '48, capeggiati da Giuseppe La Masa a Palermo, dilagavano per tutta la Sicilia. Fu costituito un governo provvisorio, si diede vita al Parlamento e si costituì un esercito in grado di contrastare il ritorno armato dei Borboni. Il 15 maggio 1849, le truppe del generale Filangeri entrarono a Palermo. Larestaurazione borbonica fu travagliata da cospirazioni che ne intralciarono l'attività e gli esuli siciliani elessero alla causa dell'isola lo stesso Giuseppe Mazzini.
     

Arriviamo, così, al 1860: a Garibaldi, ai Savoia, alla prima guerra mondiale, al  fascismo, alla seconda guerra ed alla regione autonoma.....


giovedì 22 novembre 2012


Federico II imperatore di Germania e re di Sicilia 





Alla morte di Arrigo (1197), sia in Germania che in Sicilia si presentarono una serie di difficoltà che difficilmente un erede al trono bambino come Federico (aveva solo 3 anni) o la madre Costanza, potevano fronteggiare. Ne seguì che, grazie a ben calcolati intrighi, il piccolo Federico, perse i diritti di successione al trono di Germania in favore di Filippo, fratello di Arrigo, e Costanza nel tentativo di salvare per suo figlio almeno la corona del regno di Sicilia, avallò le pretese di Filippo riguardo il trono di Germania e quelle di vassallaggio del regno di Sicilia nei confronti del papato. Fu per questi motivi che il piccolo Federico venne trasferito a Palermo e qui educato, come futuro re di Sicilia sotto la tutela di papa Innocenzo III. Che non era quella brava persona amorevole e disinteressata che tutti credono tanto che nella lettera che inviò a Federico al raggiungimento della maggiore età tenne a sottolineare“Noi ci siamo assunti la tutela non tanto per disposizione di tua madre, quanto inconformità del nostro diritto sul regno 

Costanza dovette pagare un prezzo altissimo per mantenere almeno una corona al figlio, la rinuncia all’impero ed il vassallaggio alla Chiesa, ma non credo avesse molte scelte e tutta la “carriera” di Federico fu certamente avvelenata da questo “peccato originale”.
Crescere in Sicilia fu certamente importante per Federico e proprio questo lo rese più siciliano che tedesco. L’identità la si acquista da piccoli a prescindere da dove si nasce. Un inglese educato in Cina è certamente più cinese che inglese e così Federico, tedesco di nazionalità, fu certamente siciliano d’educazione, e quindi poliglotta, abituato alla multietnia, raffinato, colto e soprattutto “assolutista”, come i re Normanni. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che il piccolo Federico crebbe si in un ambiente colto e multietnico ma crebbe anche “solo” e senza amore e quindi poco incline al perdono e alla bontà.

Aggiungi didascalia

mercoledì 21 novembre 2012

Scuola del volgare siciliano




Il volgare siciliano si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli Italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell'isola hanno cantato con solennità, per esempio nelle famose canzoni

Ancor che l'aigua per lo foco lassi
Amor, che lungiamente m'hai menato.


Ma questa fama della terra di Trinacria, 
a guardar bene a che bersaglio tende, sembra persistere solo come motivo d'infamia per i principi italiani, i quali seguono le vie della superbia vivendo non da magnanimi ma da gente di bassa lega. E in verità quegli uomini grandi e illuminati, Federico Cesare e il suo degno figlio Manfredi, seppero esprimere tutta la nobiltà e dirittura del loro spirito, e finché la fortuna lo permise si comportarono da veri uomini, sdegnando di vivere da bestie. Ed è per questo che quanti avevano in sé nobiltà di cuore a ricchezza di doni divini si sforzarono di rimanere a contatto con la maestà di quei grandi principi, cosicché tutto ciò che a quel tempo producevano gli Italiani più nobili d'animo vedeva dapprima la luce nella reggia di quei sovrani così insigni; e poiché sede del trono regale era la Sicilia, ne è venuto che tutto quanto i nostri predecessori hanno prodotto in volgare si chiama siciliano: ciò che anche noi teniamo per fermo, e che i nostri posteri non potranno mutare. 

LA SCUOLA  SICILIANA  DEL VOLGARE
http://www.tanogabo.it/Sicilia_citazioni.htm