sabato 29 dicembre 2012

La Sicilia diventa regione autonoma


Giungiamo così all'anno 1939, anno in cui scoppiò la Seconda Guerra Mondiale.
Moda anni 1940
L'Italia, in principio, rimase lontana dalla mischia, ma nel Giugno del 1940
vi entrò a fianco della Germania contro la Francia, l'Inghilterra, l'America e la Russia. Fu una guerra sventurata!
La nostra Patria subì terribili distru­zioni che sconvolsero la vita di tutta la nazione : i viveri scarseggiarono ben presto e le armi mancavano.
// 10 Luglio del 1943 gli alleati sbarcarono in Sicilia, presso Gela, e iniziarono, verso nord, la lenta marcia contro i Tedeschi, marcia che durò fino al 29 Aprile del 1945, giorno in cui venne firmato l'armistizio. Ma quali tremende rovine!
Le devastazioni subite e le tristi condizioni di vita, fecero rinascere in molti l'antico sentimento di indipendenza. (Ne abbiamo già parlato, ricordi?).
— La Sicilia può far da sé! — dice­vano costoro.
Per fortuna, però, la maggiore e la mi­glior parte dei Siciliani capì che era assurdo e dannoso voler separare di nuovo l'isola dall'Italia.
La questione, infine, fu risolta nel Maggio del 1940. Un decreto legislativo istituì la Regione Siciliana, riconoscendo all'isola la necessità di un'autonomia sì, ma semplicemente amministrativa.
— Come per la Val d'Aosta, allora ? — osserverai tu.
— Proprio così, e cioè : Sicilia, ma Italia.
Che cosa vuoi dire Sicilia autonoma?
Vuoi dire che si amministra da sé. La Regione infatti ha una propria assemblea, i componenti della quale eleggono un governo regionale, composto da un presiden te e da una giunta di assessori, che sono incaricati dei vari problemi della regione.
Il governo regionale può emanare leggi particolari riguardanti i problemi più urgenti della regione, adatti ad accelerare lo sviluppo agricolo, industriale e sociale dell'isola.
Concludiamo, ricordando che la Sicilia è uno dei più affascinanti paesi non solo per l'incanto della sua natura, per la dolcezza del suo clima e per le sue ricchezze artistiche.
Essa offre, al turista che sa visitarla con amore, anche lo splendore della sua anima, e cioè quel complesso di usi, di costumi e di tradizioni che costituiscono la sua più intima e preziosa vita.

E lo offre:
— attraverso la sua musica, così ricca di cadenze ;
— attraverso le sue canzoni, piene di dolcezza e di malinconia;
— attraverso la sua poesia, che è una del­le più varie e più ricche del mondo;
— attraverso le sue feste;
— attraverso la schietta e generosa ospitalità del suo popolo;
— attraverso le sue favole, i suoi proverbi e i suoi motti.

Giuseppe Pitrè, il dotto siciliano che ha raccolto in un'immensa opera tutto il patrimonio novellistico dell'isola,
ha scritto che <<non vi è forse in Italia una regione che abbia tante e così svariate forme di vita come la Sicilia ».
Ed è vero!

venerdì 28 dicembre 2012

1860 Finalmente si fa l'Italia



Giungiamo, finalmente, al meraviglioso Maggio 1860, anno in cui s'incide nella storia dell'Italia il nome di due città siciliane : Marsala e Calatafimi.
Garibaldi, giudicando ormai maturo il momento della liberazione, decise, infatti, la Spedizione dei Mille che aveva lo sco­po di liberare dai Borboni tutta l'Italia Meridionale.
I Mille erano giovani volontari, affluiti al richiamo dell'Eroe da ogni parte della Penisola.
Partiti il 5 Maggio 1860 da Quarto, presso Genova, i Mille sbarcarono a Marsala sei giorni dopo.
E subito dopo Marsala, ecco a Salèmi le squadre dei picciotti unirsi a Garibaldi.
— Che  entusiasmo,  piccolo  Siciliano,  che entusiasmo! Ovunque si correva a Garibaldi; ovunque si gridava: Viva l'Italia !
Le truppe borboniche, inviate contro il minuscolo esercito garibaldino, si disposero a battaglia sulla collina detta « Pianto Romano », nei pressi diCalata/imi.
I Garibaldini, assai minori di numero, dovettero conquistare là collina palmo a palmo. Ad un certo momento il pericolo fu grande. Nino Bixio, allora, consigliò Garibaldi di ritirarsi, ma il generale rispose:
—  Bixio, qui si fa l'Italia o si muore!
Finalmente i Borboni, molestati da ogni parte dai « picciotti », dovettero ritirarsi e Garibaldi, acclamato dal popolo, entrò trionfalmente in Calatafimi.
Purtroppo, a San Martino, colpito da una fucilata morì il bravo Rosolino Pilo.
Garibaldi, ingannando il nemico che lo aspettava a Monreale, condusse i suoi a Piana degli Albanesi, poi passò per Marineo e si l'ermo a Misilmeri.
La mattina del 27 Maggio, dopo breve e furiosa lotta a Porta Termini, Garibaldi, con i suoi e con i bravi picciotti, entrava trionfalmente in Palermo.
Le truppe borboniche vennero inesorabilmente chiuse in un cerchio di ferro al Palazzo Reale, al Molo e al Castello. Infine, furono costrette a chiedere l'armistizio.
Intanto, inviati da Camillo Cavour, arrivarono a  Garibaldi  altri aiuti:   da  Trapani,  da Agrigento,  da Catania,  da Messina e da altre località dell'isola.~Il 20 Luglio, a Milazzo, i Garibaldini attaccarono nuovamente i Borboni, li sbaragliarono completamente e li costrinsero a lasciare definitivamente la Sicilia.
Il 24 Luglio Garibaldi entrava in Messina fra il tripudio della popolazione.
In Ottobre un plebiscito (votazione popolare) univa l'isola al resto d'Italia, sotto il governo di Vittorio Emanuele II,
che sarà proclamato Re nel Marzo 1861.
— E poi? — chiederai tu a questo punto.
, la storia della Sicilia è quella dell'Italia.
E come l'Italia ha dato molto alla Sicilia, cercando di migliorarne le condizioni di vita con molteplici iniziative economiche e sociali, così la Sicilia ha dato molto all'Italia con l'ingegno, l'operosità e persino col sangue dei suoi figli che accorsero numerosi allorché la Patria li chiamò nella Prima Guerra Mondiale, per liberare i fratelli di Trento e di Trieste.

giovedì 27 dicembre 2012

ROSA DONATO


Rosa Donato


La  mattina   del   12   gennaio   1848   la rivolta scoppiò ancora una volta a Palermo.
Come hai visto, venne formato un Comitato Siciliano di Liberazione., composto da Giuseppe La Masa, Rosolino Piloe Giacinto Carini.
Le truppe borboniche furono, in breve tempo, costrette ad abbandonare la città.

Alla notizia della sollevazione di Palermo insorsero anche Messina, Catania, Agrigento, Caltanissetta e Termini Imerese.
In quell'occasione Giuseppe La Masa fece sventolare, per la prima volta, il tricolore italiano. ..
Capo del governo provvisorio fu Ruggero Settimo.
La sconfitta a Novara dell'esercito piemontese di Carlo Alberto, che poneva fine alla guerra per l'Indipendenza d'Italia,
ebbe, però, gravi conseguenze anche per la Sicilia.
Infatti il Re, domate le rivolte nel Napoletano, potè inviare nell'isola un forte esercito comandato dal generale Filangeri.
In quell'occasione, tra i difensori di Messina, brillò il nome di una povera popolana' : Rosa Donato.

Rosa   Donato   gettò   la   miccia   accesa   nella   cassa delle  munizioni che scoppiò  con grande  fragore.
Ella era riuscita a trascinare un piccolo cannone presso una barricata dove ferveva furiosa la battaglia. La barricata, ad un certo punto, stava per cadere in mano nemica, ma Rosa non volle abbandonare il cannone. Rimase sola là con la miccia in mano. E allorché i Barboni furono a due passi da lei, gettò improvvisamente la miccia accesa nella cassa delle munizioni che scoppiò con orrendo fragore, facendo strage dei nemici. Rosa Donato, pur travolta dalle macerie, scampò per miracolo.
Purtroppo,   le  truppe   borboniche,   nonostante l'eroismo dei difensori, riuscirono nuovamente   a   riconquistare   l'isola   commettendo atti di crudele barbarie. E così mentre gli Austriaci ritornavano in Lombardia, la Sicilia vedeva i Borboni nuovamente padroni.
Seguirono dodici anni di cospirazioni e di insurrezioni, purtroppo senza esito. I Martiri di quel periodo furono: il barone Bentivegna, SalvatoreSpinuzza e il giovanissimo Niccolo Garzilli.


sabato 22 dicembre 2012

I Borboni



 Negli anni che vanno dal 1713 al 1735 la Sicilia passò, di volta in volta, sotto il dominio dei Savoia, degli Austriaci e dei Barboni di Napoli. Nel 1735 divenne Re di tutto il meridione Carlo di Barbone che si trasferì a Napoli e, pur cercando di riattivare commerci e industrie, non ottenne certamente brillanti risultati. Il suo successore Ferdinando IV '(1759-1825) inviò nell'isola il suo ministro Domenico Caràcciolo, perché vi compisse delle riforme. Ma i Siciliani, gelosi della supremazia di Napoli, non accolsero con entusiasmo l'inviato del Re. I baroni soffiarono sul fuoco e accusarono il ministro di attentare alla libertà dell'isola. Alla fine il popolo, vittima delle trame dei baroni, si ribellò alle benefiche riforme. Arriviamo così al 1789, l'anno della grande Rivoluzione Francese. Nuovi princìpi di libertà si diffondevano dovunque ed i popoli chiedevano la Costituzione . . . Cos'è la Costituzione? E' un complesso di leggi che afferma i diritti del popolo e impegna lo Stato a rispettarli. Allorché, cacciato dai Francesi, Ferdinando di Borbone giunse a Palermo, an­che i Siciliani chiesero ed ottennero la Costituzione. Qualche anno dopo, però, dopo la ca­duta di Napoleone, tornato a Napoli col titolo di Re delle Due Sicilie, Ferdinando la soppresse. Era certamente un tradimento! Però, co­me dice il proverbio, ogni male non viene per nuocere. Ecco, infatti, da allora, diffondersi anche in Sicilia la Carboneria (la società segreta italiana che mirava all'indipendenza della Penisola). Per opera della Carboneria e dei più colti patrioti dell'isola, ecco destarsi, per la prima volta, nella coscienza dei Siciliani, il desiderio di una Sicilia libera, ma unita al resto dell'Italia . . . Quando, nel 1820, scoppiarono a Napoli i primi moti, anche la Sicilia insorse e chiese l'indipendenza, riuscendo a cacciare le truppe borboniche. Presto, però, i Borboni tornarono e la rivolta fu domata nel sangue. Più tardi, nel 1848 (anno di rivoluzioni in tutta l'Europa), la Sicilia fu la prima a insorgere per la libertà. Cacciati di nuovo i Borboni, venne formato un Comitato Siciliano di Liberazione, composto da Giuseppe La Masa, Rosolino Pilo e Giacinto Carini. Da quel momento le sorti dell'isola sono legate per sempre alle sorti dell'Italia.

venerdì 21 dicembre 2012

Gli spagnoli

COSTUMI SPAGNOLI

Cacciati i Francesi, i Siciliani commisero il grave errore di rivolgersi . . . agli Spagnoli.


Essi non sapevano, affidando allora la corona del regno appunto a uno spagnolo, Pietro d'Aragona, che il dominio di quella gente sulla loro isola sarebbe poi durato per quasi cinque secoli !  Il dominio spagnolo, infatti, durò fino al 1712. E furono secoli infelici, e di grave decadenza per la Sicilia.

Dopo un breve periodo di ripresa, in seguito alla cacciata dei Francesi, i Re aragonesi si trasferirono in Ispagna, mandando nell'isola dei Viceré . . . buoni a nulla, capaci solo di arricchirsi a spese della povera popolazione.

Un altro malanno, in quel periodo, era dato dai continui assalti alle coste da parte dei pirati saraceni.

Tuttavia i Siciliani furono sudditi leali verso la Spagna e combatterono spesso da valorosi nell'armata spagnola.

Nella famosa battaglia navale di Lepanto del 1571 contro i Turchi, la squadra siciliana si distinse per la sua eroica condotta.


martedì 18 dicembre 2012

I vespri




Drouet trafitto dalla spada viene ucciso,
ISicilia la situazione si era fatta particolarmente critica per una generalizzata riduzione delle libertà baronali ed una opprimente politica fiscale. L'isola, da sempre fedelissima roccaforte sveva, che dopo la morte di Corradino aveva resistito ancora per alcuni anni era ora il bersaglio della rappresaglia angioina. Gli Angiò si mostrarono insensibili a qualunque richiesta di ammorbidimento ed applicarono un esoso fiscalismo praticando usurpazioni, soprusi e violenze. Tanto che Dante, che nel 1282 aveva solo 17 anni, nell'VIII canto del Paradiso indicherà come Mala Segnoria il regno angioino di Sicilia. I nobili siciliani riponevano le proprie speranze in Pietro III d'Aragona. Il re d'Aragona, era guardato con favore perché sua moglie Costanza, in quanto figlia di Manfredi e nipote di Federico II, risultava l'unica pretendente legittima della casa di Svevia;tuttavia egli era impegnato nella riconquista di quella parte della penisola iberica ancora in mano agli arabi. Alla fine del 1280 i baroni siciliani ruppero gli indugi organizzando una sollevazione popolare che desse un segno tangibile della loro determinazione convincendo l'unico interlocutore rimasto, Pietro d'Aragona, ad accorrere finalmente in loro aiuto. 

Tutto ebbe inizio mentre si era in attesa della funzione del Vespro del 31 marzo 1282Lunedì di Pasqua, sul sagrato della Chiesa dello Spirito Santo, a Palermo. A generare l'episodio fu - secondo la ricostruzione storica - la reazione al gesto di un soldato dell'esercito francese, tale Drouet, che si era rivolto in maniera irriguardosa ad una giovane nobildonna accompagnata dal consorte, mettendole le mani addosso con il pretesto di doverla perquisire. A difesa di sua moglie, lo sposo riuscì a sottrarre la spada al soldato francese e a ucciderlo. Tale gesto costituì la scintilla che dette inizio alla rivolta. Nel corso della serata e della notte che ne seguì i palermitani - al grido di "Mora, mora!" - si abbandonarono ad una vera e propria "caccia ai francesi" che dilagò in breve tempo in tutta l'isola, trasformandosi in una carneficina. I pochi francesi che sopravvissero al massacro vi riuscirono rifugiandosi nelle loro navi, attraccate lungo la costa.

Si racconta che i siciliani, per individuare i francesi che si camuffavano fra i popolani, facessero ricorso ad unoshibboleth, mostrando loro dei ceci («cìciri», nella lingua siciliana) e chiedendo di pronunziarne il nome; quelli che venivano traditi dalla loro pronuncia francese (sciscirì), venivano immediatamente uccisi.


Gli organizzatori 

Secondo la tradizione, la rivoluzione del Vespro fu organizzata in gran segreto dai principali esponenti della nobiltà siciliana. Quattro furono i principali organizzatori:

Giovanni da Procida, della famosa Scuola medica salernitana, medico di Federico II;
Alaimo di Lentini, Signore di Lentini;
Gualtiero di Caltagirone, Barone, Signore di Caltagirone;
Palmiero Abate, Signore di Trapani e Conte di Butera.