Padiglione Florio Esposizione Internazionale di Milano 1906 Arch. E. Basile |
giorno, sino a convincere a fine 1908 la banca milanese, del cui CdA peraltro il commendatore Ignazio faceva parte e continuerà ancora a far parte almeno sino al 1925, dell’opportunità di intervenire, per evitare il rischio che le loro azioni finissero ad acquirenti di scarsa potenzialità finanziaria ed estranei al gruppo ed agli interessi che fanno capo alla Navigazione Generale Italiana», con grave turbamento del mercato e della vita stessa della Ngi, che era tra i suoi principali clienti. Impose perciò a Casa Florio di cedere «alle Società di navigazione “La Veloce” e “Italia”, affiliate alla Navigazione Generale Italiana, l’intero lotto di queste azioni, pari a un valore di circa 12.800.000 lire. Ignazio Florio non poté rifiutarsi di accettare, conservando il diritto di riscatto da esercitare entro il 10 maggio 1909 a un prezzo di lire 425 cadauna (lire 13.260.000) oppure entro il 10 novembre successivo a lire 440 cadauna (lire 13.728.000), ma il suo entourage considerò l’operazione un vero e proprio colpo di mano e il suo legale, l’avvocato Giuseppe Marchesano, giudicò “usuratiche” le condizioni, “ledenti gli interessi morali e materiali dei Florio”, i quali indebitati com’erano mai avrebbero avuto la possibilità di riscattarle. Per Webster il comportamento della Banca Commerciale verso Casa Florio (larghe aperture di credito e successiva acquisizione delle azioni Ngi di proprietà Florio) era motivato dalla volontà di «unificare tutte le compagnie marittime addette al servizio postale sovvenzionate dallo Stato e controllate dalla Navigazione Generale, onde negoziare nuovi sussidi con il governo da una posizione di forza corrispondente in pratica ad una sorta di monopolio
La cruda verità è che i Florio non riuscirono veramente trasformare l’economia della Sicilia e a permetterle un decollo competitivo con il Nord. La Sicilia in linea di massima rimaneva sottosviluppata e priva di infrastrutture essenziali. Prime tra tutte le ferrovie. La Fonderia Oretea era certamente l’officina più attrezzata e moderna dell’isola, ma dopo l'unificazione d'italia non resse il confronto con quelle italiane. Il suo decollo avvenne non perché trainata dalle richieste del mercato interno ma perché essa operava come officina delle navi dei Florio. In Sicilia mancava il mercato e non potevano essere i Florio a crearlo da soli.
Il declino
Il ricordo dell'epopea dei Florio continua ad esercitare un fascino irresistibile in Sicilia. Per l’immaginario collettivo siciliano e meridionale in genere, i Florio da tempo sono entrati nella leggenda e nel mito. Rappresentano gli uomini simbolo delle capacità imprenditoriali del sud, quel tempo, sempre nostalgicamente rievocato, in cui anche al sud fiorivano iniziative industriali vincenti. E come scrive Maurice Aymard, la vicenda dei Florio è stata identificata “con quella della Sicilia pre e post-unitaria, cioè la Sicilia delle grandi speranze, delle attese frustate e delle illusioni perdute… Questo incontro fra un destino familiare e quello dell’isola dà forza e durata al mito che essi incarnano o che sono incaricati di incarnare”.
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