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Vincenzo Florio
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(Cap.I) L'ascesa
Quando si parla dei Florio il pensiero corre subito alle feste, ai ricevimenti, al lusso, alle corse automobilistiche e soprattutto alla decadenza di questa Famiglia, ma
l’epopea dei Florio non è solo la cronaca degli ultimi ruggenti ma disastrosi anni ma è soprattutto la storia della crescita costante delle fortune di una famiglia di imprenditori che ha inizio a fine settecento e che copre più di un secolo di successi prima di conoscere il tracollo finanziario e la fine della dinastia. Ma a noi meridionali piace ricordare soprattutto le sconfitte, amiamo molto il rimpianto e tendiamo a dimenticare le storie belle e costruttive che per quasi un secolo e mezzo hanno segnato il successo di una famiglia che ha dato lavoro e benessere a tante altre famiglie.
Tutto ha inizio con Tommaso Florio a metà Seicento in Calabria, a Melicuccà, e poi a Bagnara, dove il figlio Domenico e il nipote Vincenzo, qui trasferitisi, esercitano il mestiere di fabbro. L'ascesa comincia con Paolo e Ignazio, figli di Vincenzo. A spingere i Florio sul mare fu probabilmente Paolo Barbaro, genero di Vincenzo Florio, che strappò Paolo al destino di “scalco” accogliendolo come socio nella sua attività di “ambulante” del mare che girava per i porti del Tirreno commerciando. Tra il 1800 e 1801 Paolo però, chiamato a sé il fratello Ignazio, si stabilisce definitivamente a Palermo: i due aprono un piccolo negozio in via dei Materazzai e si dedicano per alcuni decenni al redditizio commercio delle spezie e merci rare, all’affitto e successivo acquisto di qualche tonnara sul litorale palermitano ed al prestito al “cambio marittimo”.“cambio marittimo”.
Ignazio Florio senior
Il salto di qualità avvenne con Vincenzo, figlio di Paolo. Ormai la famiglia si era notevolmente arricchita e Vincenzo ebbe la possibilità di acquistare alcune quote dello “Brick-Schooner” Santa Rosalia e, approfittando dei trattati di pace e di commercio tra il governo borbonico ed i governi algerini, tunisini e di Tripoli, estremamente vantaggiosi dal punto di vista doganale,
cominciarono ad incrementare gli introiti e ad acquistare altre imbarcazioni, che già negli anni trenta dell’Ottocento formavano una discreta flotta che toccava i porti di New York, Boston, Londra, Liverpool, Marsiglia e Genova da dove per conto della Casa Florio importavano a Palermo manifatture, zucchero, cera, pellame, droghe, rum, catrame, ecc. ecc. Tutto ciò, insomma, che poteva trovare un mercato in Sicilia. La destinazione finale erano tuttavia i mercati orientali da cui importavano le "droghe", cioè le spezie, da ridistribuire nel mercato italiano. In pochi anni la ditta si trasforma in una holding: dal commercio all'attività finanziaria, dalla pesca del tonno alla produzione vinicola e zolfifera.
Il talento economico di Vincenzo è notevole e numerosissime sono le attività di cui è promotore o compartecipe. E’ un tycoon e si caratterizza per avere, oltre che un’innata indole imprenditoriale, i connotati dell’uomo sensibile alla cultura, all’estetica e una condotta imprenditoriale che, assieme al ritorno economico, giovi ad un miglioramento della comunità. Moderno ed al passo con i tempi, intravede grandi potenzialità nel settore tessile investendo in cotonifici.
Ed ancora, investe ed ottiene successo co-fondando la compagnia di navigazione "Società dei battelli a vapore siciliani", insieme a numerosi altri esponenti dell'aristocrazia siciliana.
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