Le origini di Erice - Iruka per gli Elimi, Erech per i Cartaginesi, Eryx per Greci e Romani - certe quale città elima, risalgono probabilmente ai Sicani e, da sempre, sono indissolubilmente legate al culto della Dea.
Erice |
Nel corso del tempo, il culto della Venere ericina, a cui i marinai di passaggio erano particolarmente devoti grazie anche alle bellissime Ierodule, giovani prostitute sacre alla dea dispensatrice di voluttà, crebbe insieme alla sua fama e alla sua ricchezza. In ogni caso, è chiaro che un luogo come Erice, in una posizione geografica del tutto privilegiata per l'ampissima visuale, oltretutto fortificato e protetto efficacemente, dovesse assumere il potere che l'interesse dei popoli che si succedettero attribuirono al santuario-fortezza.
Tra questi i Romani, che, sconfitti i Cartaginesi, si "appropriarono" del luogo e del culto della Venere, da tempo diffuso in molte città mediterranee, ricostruirono il tempio sulle rovine lasciate dalla guerra, riportando Erice agli antichi splendori, e fecero erigere a Roma, prima, un piccolo tempio sul colle Capitolino e, nel 181 a.C., uno più grande presso Porta Collina, dedicati alla dea ericina. La considerazione dell'Impero per Erice fu tale da stabilire di porre, a protezione del thémenos ericino, una guarnigione di soldati e che le città più fedeli della Sicilia dovessero sostenere anche economicamente il culto. Addirittura, la città e il suo territorio verranno citate da Virgilio che scrive di come Enea si fermò in questi luoghi e volle seppellire vicino al santuario il padre, Anchise, prima di veleggiare per il Lazio dove fondò Roma: questo mito legò, quindi, di "parentela" elimi e romani, entrambi discendenti da Venere, madre sia di Enea che di Erice.
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